Saturday, September 15, 2012

Del gioco nel progetto e i rischi dell'insegnare. La "scacchiera" come metodo di ricerca sintattica


Laboratorio IV 2013

Insegnare è difficilissimo, ma imparare rappresenta una difficoltà, come dire, elevata al cubo.
Le fatiche dell’apprendimento, però, dipendono in buona parte da una componente abbastanza semplice da comprendere:  i cattivi maestri.

In qualsiasi interazione umana è, come è del tutto ovvio,  proprio la componente umana quella decisiva. Incontrare un buon maestro nella vita equivale ad un’epifania, a un evento veramente raro.

È quindi fondamentale riuscire a distinguere i buoni maestri dai cattivi: capire quando una persona ci aiuta a crescere e ci insegna ad imparare, quando chi ci parla ci dà  degli strumenti che hanno la capacità di crearne altri e quindi di moltiplicarsi.

Bisogna capire insomma chi ci arma e chi ci disarma, chi ci mette in un sistema di recinti, di fortezze concatenate l’una con l’altra. Tali fortezze, sono conoscenze apparentemente utili e necessarie,  ma che non aiutano a crescere, non risultano  propulsive e ci tengono invece bloccati e chiusi.
La vita dei giovani è estremamente complicata e la mancanza di esperienza rende difficile comprendere subito questi processi.

Quindi apprendere è sotto certi aspetti molto più difficile che insegnare, dicevamo, se non altro perché il docente ha la possibilità di stratificare le conoscenze, di coltivare un insieme di tecniche relative al suo mestiere e di trasmettere, per ruolo e posizione, sicurezze e garanzie.

Tuttavia uno dei fenomeni che più sgomentano i docenti è quello di rendersi conto di non aver insegnato "nulla" allo studente. Quando lo studente viene decontestualizzato (inserito in un altro corso con un altro docente oppure se cambia disciplina), a volte non risulta essere in grado di adoperare quegli strumenti che sembrava aver assimilato  in tutta efficienza e sicurezza.

Forse si tratta di un percorso molto più lungo rispetto a quello che avviene nei pochi mesi di insegnamento di un corso e la "composizione" chimica dei saperi dentro il fare rimane un processo tendenzialmente infinito.
E meno male che a volte si vedono esiti comunque molto interessanti.

Uno degli strumenti che adopero per sviluppare la capacità nello studente di costruzione di un sapere critico, è la creazione della cosiddetta scacchiera.  La parola utilizzata è puramente  convenzionale, ma allo stesso tempo è rivelatrice. La parola scacchiera è infatti interrelata alla parola giocoche  è un componente imprescindibile del lavoro di progettazione e probabilmente, tout court, di ogni attività lavorativa.
Gioco, certo, ma in che senso?

***

Il mondo accademico e quello in generale della scuola ha da sempre circoscritto il gioco in una zona negativa, puerile, che nulla ha a che vedere con la “creatività adulta”, insomma una banale perdita di tempo.

Ciò è quanto di più lontano si possa pensare, da quello che in realtà il gioco è.
Se c’è un costrutto dell’umanità che crea un rapporto fortissimo tra regole, variazioni e raggiungimento di obiettivi, questo è il gioco.

Basti pensare agli scacchi, ma anche a giochi più semplici. Essi si compongono di: un sistema di regole, un sistema di variazioni e soprattutto una ricerca di obiettivi. Il fine da raggiungere è quindi il fattore fondamentale del gioco.

L’aspetto iterativo/processuale del gioco consente di sviluppare una strumentazione nello studente per cui egli diventa capace di costruire le regole del proprio gioco, al fine di avere un processo iterativo che gli consenta di raggiungere le finalità di progetto.
Come si realizza, in pratica, la scacchiera?
Dopo circa sei settimane dall'inizio del corso, definiti i ruoli del committente e i vincoli contestuali dell'area di progetto, emerge la necessità di elaborare le principali relazioni volumetriche e spaziali del progetto.

Viene creato un campo di ricerca possibile per i ragazzi, dato dall’utilizzo del volume “Architettura e modernità” nel quale è possibile trovare degli esempi alti di progetti di architettura.

In una fase in cui non si riesce a distinguere l’originale dalla copia, non si distingue Gesù Cristo dagli evangelisti, il libro è uno strumento utile grazie al quale lo studente è aiutato a contestualizzare e storicizzare le opere in relazione alla realtà. Le opere di architettura contenute in esso costituiscono di fatto elementi  da analizzare con attenzione.
In sintonia con le ricerche effettuate, lo studente giunge all’individuazione di un’opera architettonica che è allo stesso storicamente significativa e con la quale stabilire una potenziale affinità.

Barbara Kruger, Untitled 2006

Fatto questo, qual è il passo successivo?
Il passo successivo è appunto creare, la scacchiera. La scacchiera è una parola gergale e sta per  “insieme di componenti disassemblate, smontate in piccole parti, che possono consentire sia di ricreare l’originale architettonico da cui erano desunte ma anche, proprio perché smontate,  consentire di creare  infinite variazioni sul tema”.


Tutto ciò porta a padroneggiare un vasto campionario di alternative compatibili con l'opera analizzata da una parte e con la situazione specifica del proprio progetto dall'altro.
La cosiddetta  scacchiera serve a far capire come un insieme di variazioni su un tema plastico e spaziale, in realtà non sono variazioni astratte, bensì variazioni fortemente indirizzate al raggiungimento delle finalità del gioco ovvero, dal punto di vista architettonico a come ottimizzare il contesto, come lavorare sul perfezionamento degli aspetti organizzativi, come ottimizzare i fattori bioclimatici eccetera.

La questione degli strumenti è quindi del tutto rilevante all’interno del dibattito che stiamo svolgendo sulla didattica. 
Racconto un aneddoto esplicativo a tal proposito: dopo gli anni della mia esperienza di insegnamento al Politecnico di Zurigo, sono invitato dalla mia Università la Sapienza di Roma in Mozambico per un periodo di insegnamento che si protrarrà per circa un anno e mezzo.

Dopo circa due semestri, iniziai a divenire una figura scomoda agli occhi del preside locale, perché, semplicemente, facevo il mio mestiere: insegnavo e fornivo degli strumenti agli studenti.

Insegnare ad usare un blog, a diffondere le conoscenze, a condividere un progetto, ad accedere all’informazione,   a scegliere i libri “buoni” e soprattutto ad articolare un pensiero progettuale e a verificarlo con i ferri del mestiere dell'architetto può diventare una pratica molto pericolosa per chi deve mantenere posizioni oligarchiche e di privilegio.


Intervento alla 3 giorni di Altamura, Agosto 2011 non presente integralmente nel volume in stampa.



Saggio e un gruppo di suoi studenti alla Fapf di Maputo; Mozambico maggio 1995

Thursday, September 06, 2012

Sicily Lab Proposte per gli spazi urbani di Gioiosa Marea 2008-2012



 "Sicily Lab: Proposte per gli spazi urbani di Gioiosa Marea 2008-2012"
Gioiosa Marea - Sicily Lab - via Umberto Iº n. 211 Sabato 8 settembre 2012 ore 19

La mostra è allestita nella Galleria del Sicily Lab "Angelica e Orlando" che si apre direttamente sul corso principale di Gioiosa Marea: era l'antica farmacia del paese che rivive così in questa nuova destinazione culturale dopo le esposizioni del 2008 e del 2009.

Il progetto di allestimento quest'anno non si chiude dentro le mura della galleria, ma si apre alla città indicando un percorso di appropriazione e di comprensione. Una serie di elementi geometrici, progettati in un software parametrico e tagliati con macchina digitale sono stati ri-assemblati a Gioiosa per formare una sorta di bolle digitali che segnano alcune tappe del percorso espositivo. Innanzitutto fuoriescono dalla galleria, per segnalare l'evento al visitatore, poi si si avvitano ad un albero della via Raffaele Saggio e infine si raggrumano nel piazzale antistante la stazione ferroviaria.

Sulla piazza belvedere lungo via Giulio Forzano prende invece corpo una seconda installazione: "Puff". Si tratta di una sorta di spazio urbano praticabile realizzato attraverso la tecnologia del "gonfiabile” anche in questo caso predisposto in precedenza ed assemblato in sito. Il gonfiabile crea una sorta di arco che inquadra il mare e che è abitabile sia sotto l'arco che nei piedritti.

Il progetto di allestimento nello spazio della galleria propone una seconda pelle, avvolgente e sinuosa che ridefinisce ambiti e spazi dialogando con l'alta volta a crociera che caratterizza l'ambito principale dell spazio e che accoglie le proiezioni della mostra. Come concept guida dell'esposizione si è scelto di ri-semantizzare un materiale molto comune - I rotoli di canne "incannicciate", normalmente usate per ombreggiare terrazze giardini. Questi nastri di canne acquisiscono nell'esposizione un gusto e un eco digitale: come se fossero spline che si muovo nello spazio 3d e lo avvolgono con le loro geometrie  flessuose. I lavori esposti sono organizzati in una serie di bande verticali di circa due metri di altezza che sono appesi ad una serie di cavi che rigano lo spazio. 

I progetti esposti nella mostra propongono un contributo di ricerca originale che il gruppo NitroSaggio, molti giovani designer italiani e  ma anche appartenenti alla Polis University di Tirana, alla Università Tulane di New Orleans e all'Università Texas Tech di Lubbock entrambe negli Stati Uniti d’America hanno elaborato negli ultimi quattro anni qui a Gioiosa nel Sicily Lab e che propongono appunto idee per i suoi spazi urbani. 

L'idea che muove la ricerca progettuale è che in una situazione di crisi reale come appunto quello della cittadina costiera in provincia di Messina (che da una parte ha splendide risorse naturali e caratteristici ambiti urbani e dall'altra vive innumerevoli crisi e attacchi al proprio ambiente urbano e al proprio territorio), sia possibile sviluppare anche un'idea "soft" di progetto, capace di innestare reazioni vitali e positive,  partendo "dal basso verso l'alto". 

La scelta dei temi si è concentrata su alcune situazioni principali di Gioiosa Marea: 1. il tema dell'interconnessione tra percorsi e piazze legate allo svolgimento di riti e manifestazioni religioso-culturali, 2. il tema del rapporto della montagna e della città al mare, 3. il tema del riuso del torrente Zappardino attraverso operazioni di modellazione del suolo e di landart,4.  il tema della invenzione creativa di spazi oggi dallo scarso utilizzo come il muro della ferrovia sia falla aprte urbana che dalla parte del mare, 5. l'utilizzo dell'isolotto artificiale denominato "Nitro Island" e 6. quello di una serie di piazze e piazzette e  belvederi della cittadina.
In particolare, una serie di progetti si concentra sul sistema delle tre piazze centrali gravitanti sulla chiesa più antica e sulla piazza del Municipio. 
Il sistema lineare della ferrovia genera un'altra serie di progetti ed è pensato come un densificatore di eventi per riconnettere il mare alla città. 
Alcuni progetti si basano su una modernissima riconfigurazione degli spazi e materiali, ma in cui rimane viva l'eco e la memoria anche giocosa di eventi come il Carnevale e e gli strumenti antichi del mare e della pesca, altri progetti lavorano sulla trasformazione dei tunnel di accesso al mare in occasione di conoscenza e di civiltà.
Per il torrente Zappardino si ipotizza un recupero del canale attraverso interventi di modellazione e landart. Lo stato di degrado e il problema dell'inquinamento delle acque prossime al canale hanno ispirato la creazione di isole artificiali per il riciclo e la depurazione delle acque e installazioni che evocano i sistemi di protezione fisica delle coste. Queste stesse strutture fisiche si trasformano, però, nel progetto anche in emittenti di informazioni luminose e sonore che attraverso l'elettronica animano il mare. 

L'information technology, ed e' una delle tesi portanti dell'intera ricerca, per questi progetti, non è quindi un'aggiunta a situazioni di lusso, ma assume un ruolo fondamentale per affrontare le contraddizioni del reale. La trentina di progetti in mostra affrontano questi e altri temi e forniscono uno sguardo nuovo e stimolante per la cultura architettonica, per i cittadini e per i loro rappresentanti politici che sono chiamati a scelte importanti per l'ambiente


Antonino Saggio, architetto, è il coordinatore del Dottorato di ricerca in Architettura. Teoria e Progetto e professore associato di Progettazione architettonica e urbana alla Facoltà di Architettura di "Sapienza", Università di Roma. Ha pubblicato molti volumi tra cui Architettura e modernità. Dal Bauhaus alla Rivoluzione Informatica (Carocci 2010) e Giuseppe Terragni vita e opere (Laterza 2012 4ed.). Dirige dal 1999 la Collana internazionale "La Rivoluzione informatica in Architettura (Birkhauser 1999-2004, Edisltampa 2005- ) Nel 2004 ha fondato a Roma con giovani architetti autori delle collane citate o ex allievi il gruppo NitroSaggio. Il gruppo è molto attivo nella ricerca dei rapporti tra tecnologia informatica e progettazione architettonica. I membri del gruppo individualmente o in forma congiunta curano pubblicazioni, collaborano all'insegnamento universitario, si impegnano in concorsi e progettazioni, partecipano alla nuova galleria "come se" di Roma e hanno curato questa mostra del 2012 a Gioiosa Marea.
Il Sicily lab è stato inaugurato nell'aprile del 2006 e da allora vi si sono svolti incontri, conferenze e workshop che hanno il fine di diffondere e sviluppare una cultura architettonica legata all'impegno e all'innovazione tecnolgica. Il Sicly lab di Gioiosa Marea ha vinto il premio Giusepe Vaccarini per una Scuola di Architettura in Sicilia per l'anno 2009. http://www.nitrosaggio.net/sicilylab/

Immagine Ad alta risoluzione per stampa


Inaugurano la Mostra

il Sindaco Eduardo Spinella,
l'Assessore all'urbanistica Maria Grazia Giardina Papa,
il Direttore del Sicily Lab Antonino Saggio

Mostra a cura di ProActive Nitro. 
Progettisti
Maria Pia Cosentino
Gaetano De Francesco
Antonio De Pasquale
Tiziano Derme
Umberto Di Tanna
Michela Falcone
Rosamaria Faralli
Donatella Finelli
Cristina Interdonato
Saverio Massaro
Davide Motta

con
Lorenzo Mastroianni
Dario Pompei
Alfredo Principia

Installazione e allestimento mostra 
ProActive Nitro

Curatore
Antonino Saggio